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FRANCESCO CURRIDORI

“Dobbiamo stare dalla parte dei più deboli e dei più fragili”. È questo il mantra che da
quarant’anni e più sento ripetere dalle varie forze politiche quando si parla di disabilità e
disabili. E questo è forse lo stereotipo più grande e ipocrita che possa esserci.

Francesco Curridori
L’ipocrisia della protezione dei più deboli

“Dobbiamo stare dalla parte dei più deboli e dei più fragili”. È questo il mantra che da quarant’anni e più sento ripetere dalle varie forze politiche quando si parla di disabilità e disabili. E questo è forse lo stereotipo più grande e ipocrita che possa esserci. Quale persona è più forte di un disabile? Chi è più forgiato di un disabile nell’affrontare le avversità della vita? Personalmente, non mi ritengo un supereroe, ma un uomo corazzato ad affrontare le avversità della vita più di un cosiddetto normodotato. Ho alle spalle una ventina di interventi chirurgici, un ictus, un trapianto di cuore, una frattura del femore eppure sono riuscito a realizzare il mio sogno di diventare giornalista politico e di scrivere un libro autobiografico dal titolo “Nato all’incontrario”, edito da Koiné nell’autunno del 2023.

In questo libro mi racconto a 360 gradi perché sono convinto che la vita di un disabile non inizi e non finisca in un letto d’ospedale. Raccontare solo le disavventure cliniche avrebbe portato alla ricerca di un pietismo che non desidero minimamente oppure sarebbe potuto esser visto come il desiderio di voler apparire come un eroe. Non ho omesso i momenti di fragilità che ovviamente ci sono stati, compresi i lunghi periodi di depressione e solitudine.

Ritengo che, il detto “se c’è la salute c’è tutto” sia una grande sciocchezza perché, allora, se fosse vera questa teoria, la mia vita, perlopiù priva di lunghi periodi di buona salute, non dovrebbe valere nulla. E, invece, fortunatamente, non è così.

Abbattere le barriere architettoniche e culturali

Mi rendo, però, perfettamente conto di essere una mosca bianca. Bisogna abbattere anzitutto le barriere architettoniche che ancora impediscono ai disabili di avere una vita accettabile. Ma non basta. Occorre abbattere le barriere culturali che impediscono di vedere disabili nei ruoli di responsabilità o prestigio come giornalisti, conduttori televisivi, avvocati, giudici, ministri ecc…

Troppo spesso ci si è limitati a cambiare la terminologia pensando che chiamare “diversamente abile” un handicappato gli conferisse maggiori diritti. Ebbene, non è così. Chiamatemi “Pippo”, “Pluto” o “Paperino”, ma abbattete le barriere escludenti di chi vede ancora i disabili come degli esseri “speciali” da salvaguardare come si fa con gli animali in via di estinzione.